di Metrovia e Roma Ricerca Roma
Immaginiamo che a Roma circolino tram efficaci come metropolitane. Che non fermino ai semafori, non si incrocino fra loro, girino fluidi e regolari su piste interamente dedicate in via esclusiva. E magari beneficino anche di nodi scambio rapidi, che evitino ai passeggeri di camminare a lungo e di attraversare le strade, grazie a sottopassi di collegamento e alla prossimità delle connessioni.
Proviamo inoltre a immaginare di poterci riappropriare di due luoghi di grande interesse e bellezza, ma lontani dalla nostra portata perché fagocitati dal traffico e dalle lamiere, o prigionieri di barriere.
Piazza di Porta Maggiore, mirabile area archeologica con spazi finalmente fruibili attorno al complesso degli acquedotti, sfoltita dei binari. La Porta con gli antichi selciati, il Sepolcro di Eurisace, la Basilica Sotterranea, oggi nascosta in un angolo inospitale di piazzale Labicano: luoghi che tornano a vivere, a disposizione dei cittadini.
Ma anche via Giolitti, un asse ricco di potenzialità inespresse e poco conosciute (solo per limitarci al primo tratto: la Minerva Medica; la chiesa protobarocca di Santa Bibiana; il nascituro Museo delle Ferrovie, con la Torre dell’acqua, il treno presidenziale e l’inedita panoramica sui binari della stazione Termini). Un asse che si potrebbe attrezzare e arredare per farne un luogo da percorrere e vivere in piacevole sicurezza, liberandolo dalla barriera dei binari. Rendendo così accessibili e attrattive le sue ricchezze culturali e monumentali.
È un sognare ad occhi aperti? Niente affatto. Tutto sarebbe attuabile e attuale, con il progetto della tranvia Termini-Tor Vergata (TTV), se tale opera contemplasse le suddette esigenze. Una tranvia che doveva essere anche l’occasione per ripensare il nodo tranviario più complicato della città, quello di Porta Maggiore/piazzale Labicano, su cui si gioca buona parte della modernizzazione del sistema: un collo di bottiglia oggi inadeguato anche agli attuali transiti dei tram.
Invece così non è. Il progetto definitivo della linea, che sta avanzando il suo iter, è uno schiaffo a tutto questo.
Il gruppo di Metrovia e l’associazione Roma Ricerca Roma hanno più volte veicolato agli uffici dell’amministrazione una soluzione concreta e innovativa, che coniugasse un beneficio al sistema dei trasporti con un beneficio urbano. Una proposta sostenuta da associazioni e comitati dell’Esquilino, ma ricca di vantaggi anche per chi amministra la mobilità romana.
Questa soluzione prevede la riorganizzazione delle linee tranviarie mantenendo le stesse direttrici e analoga sovrapposizione di servizi, rimuovendo però alcuni elementi superflui e ridondanti: uno dei due tracciati paralleli in direzione Termini; l’attraversamento centrale dell’invaso di Porta Maggiore; il circuito dell’anello tranviario, ormai obsoleto con l’arrivo dei nuovi tram bidirezionali. Eliminando così alcuni incroci e l’immissione auto e tram da via Giolitti. Riducendo drasticamente numero di semafori e tempi di attesa. In una parola, semplificando in modo sensibile la circolazione tranviaria e automobilistica.
Su questa base, si apre la possibilità di una rigenerazione dei luoghi nel senso descritto.
Eppure il progetto definitivo della tranvia che sta procedendo, nonostante le numerose occasioni con cui molte criticità sono state evidenziate, sta generando un tracciato dannoso per il sistema.
Ecco perché.
1) Con questo progetto, Termini avrà un’infilata di capolinea tranviari lunga 350 metri, che costringerà a un faticoso trasbordo chi dovrà passare dal TTV al TVA e viceversa.
2) Un tram che si vorrebbe “veloce”, sarà costretto a subire: tre restringimenti del percorso, a binario singolo, con forte limitazione delle frequenze massime; l’attraversamento centrale del nodo di Porta Maggiore, che non potrà applicare l’asservimento semaforico su quel tratto così complesso; un lungo segmento finale ad alto traffico da percorrere in promiscuo con le auto, in zona università. Il tutto con aumento dei tempi di percorrenza.
3) Il tram ignora le prescrizioni della Soprintendenza riguardo la Minerva Medica e l’area archeologica nei pressi di Torrenova. Inoltre, passando per via Giolitti, renderà poco appetibile il raggiungimento del Museo delle Ferrovie e continuerà a lasciare emarginata la chiesetta di Gian Lorenzo Bernini.
4) Si mantiene il passaggio rasente le finestre del condominio di via Prenestina 42, in spregio alle normative e al benessere dei residenti.
5) Il nodo del Pigneto, già svilito dal progetto minimale di RFI, sarà ulteriormente depotenziato da questo tram che non scambia né con la stazione FS prevista nel vallo, né con la Metro C (entrambe situate a 300 metri dalla fermata di Sant’Elena).
6) Il passaggio del tram a Ponte Casilino impedirà la costruzione della banchina per far fermare al Pigneto i treni provenienti da sud (Nettuno, Aprilia, Formia), quando la stazione ferroviaria sarà completata con i successivi lavori già previsti per la fase due. Ulteriore fattore di svilimento del nodo di scambio.
7) Da Centocelle a Torrenova avremo oltre quattro chilometri di sovrapposizione con Metro C che, per ammissione degli stessi uffici del Comune, aggiunge su quel tratto un numero molto esiguo di utenti al bacino potenziale della metropolitana esistente. L’asse di viale dei Romanisti-via Ciamarra, in direzione Anagnina, offrirebbe invece un bacino otto volte superiore. Ma nella pianificazione si è proceduto in modo “inerziale” nel tracciare la linea, sulla base di “invarianti” decise a tavolino, senza indagare adeguatamente le diverse “linee di desiderio” del quadrante.
8) Tor Vergata sarà prossimamente servita dalla tranvia ATA, che unisce la Metro A di Anagnina con la Metro C di Torre Angela per arrivare a Tor Bellamonaca, attraversando l’università, il policlinico e l’arco delle periferie est. Abbiamo calcolato i tempi di percorrenza da Termini e da Pigneto in direzione Tor Vergata: saranno molto più convenienti con il binomio metro + tram ATA, piuttosto che con il lungo, lento tracciato del tram TTV. Stiamo quindi parlando, in prospettiva, di un servizio che si rivelerà poco attrattivo verso quella destinazione finale.
Concludiamo sottolineando che il tram da Termini a Centocelle va realizzato, perché è utile e necessario. E i quartieri hanno anche bisogno al più presto di una linea C che abbia finalmente frequenze da metropolitana vera. Ma c’è modo e modo di pensare il tracciato del tram. Perché è sul “come” che si fa la differenza tra un progetto utile e un progetto dannoso.
Qui non si tratta di reclamare all’occasione mancata. Perché in quel caso, pazienza: il meglio, si sa, è nemico del bene.
Qui non c’è nessun “bene”, siamo solo di fronte al “peggio”. E il peggio è certamente nemico del bene.
Da questa tranvia, per come è concepita ora, ricaveremo un danno. Una regressione pesante sulle potenzialità del sistema del ferro, con un nodo tranviario pregiudicato così com’è oggi, a Porta Maggiore; un nodo cruciale come il Pigneto svilito e disfunzionale; una tranvia che finirà prima o poi per spostare aria a Tor Vergata, lasciando scoperte periferie dense desiderose di entrare nel sistema del ferro. Un punto cruciale, quest’ultimo. Perché una linea efficace solo nella prima metà finirà per essere una zavorra economica e gestionale, nella seconda metà. Guai continuare secondo il principio che intanto si fa, e poi si vede. Il provvisorio, il pensato male, a Roma resta definitivo. E le molte disfunzioni della città sono lì a testimoniare.
A chi dice che bisogna fare i conti con Roma, con quel poco e male che la città è in grado di fare per competenze, esperienze, incrostazioni politiche, mentali e sociali, noi rispondiamo che Roma così non si salva.
Alla città, alla sua amministrazione, bisogna chiedere uno sforzo eccezionale per raggiungere subito gli standard europei. Perché se chi governa non punta ai risultati più alti, degni di una capitale come Roma, non li raggiungerà mai per inerzia. Quel che si fa oggi determina il prossimo futuro. E se non si recupera bene oggi, il futuro è già perso.