«Costruiamo mega-città verso le quali si incolonnano ogni giorno code di automobili… è evidente che occorre trovare il modo di consumare meno aumentando i servizi pubblici». Sono le parole del premio Nobel Giorgio Parisi che sul Corriere della Sera ha ribadito l’allarme climatico.
Ora che la nuova Giunta si è insediata, la prima cosa da chiedersi è se ciò che è stato messo in campo dalla precedente amministrazione in termini di mobilità sostenibile sia davvero adeguato per fronteggiare la crisi ambientale, cioè se sarà in grado di dare risultati tangibili in tempi accettabili invertendo drasticamente la rotta, o se invece si tratti semplicemente di un timido inizio, insufficiente alla bisogna.
Nelle altre grandi capitali stanno già emergendo proposte concrete di cambiamento, che liberano il centro dalle automobili. Perché esistono alternative possibili e si può dunque chiedere e pretendere che si lasci la macchina a casa.
Ma Roma non è Parigi, né Londra, Madrid o Berlino.
È ancora lontanissima dai loro modelli di trasporto integrato, capillare ed efficiente.
Ecco perché se si vuole recuperare il passo, a Roma non basta una semplice “cura”, ma serve una vera “rivoluzione del ferro”.
Il PUMS ha introdotto nuove linee tranviarie e nuovi interventi sulle metropolitane ipogee. Ma le prime non sono concepite (nel tracciato e nel bando di gara) in modo da creare quel sistema ad alta efficienza capace davvero di rendere il nuovo servizio più attrattivo dell’automobile. E i secondi sono progetti importanti, che però arriveranno tardi rispetto alle urgenze del pianeta.
Ecco perché, mentre si portano avanti alcuni progetti del PUMS, occorre guardare a Metrovia.
Metrovia è nata per dare una risposta adeguata su entrambi i fronti. Una risposta che richiede da un lato poche veloci ma essenziali modifiche al sistema tranviario. E dall’altro richiede l’apertura di un tavolo con Regione e FS sul nodo ferroviario di Roma, per adeguarlo anche al trasporto metropolitano di superficie.
È possibile realizzare nella capitale una maglia di nuove metropolitane che corrono sui binari ferroviari, lavorando in simbiosi coi treni regionali, così da ottimizzare il servizio per i pendolari e al tempo stesso intensificare la rete urbana del ferro, a beneficio dei cittadini. Servendo 50 nuove stazioni, moltiplicando i nodi di scambio, collegando le periferie. E riqualificando intere porzioni di città: pensiamo ad esempio al progetto del grande parco lineare di Roma est, che potrebbe ricucire un intero asse di quartieri marginali non solo col verde, ma anche col ferro. Si pensi anche alla riqualificazione di Porta Maggiore, con la soluzione del nodo tranviario: un progetto per riorganizzare tutto il servizio, nuovo ed esistente, su criteri di alta efficienza; ma anche un’occasione per restituire alla pedonalità la splendida area archeologica e monumentale della piazza. E per liberare dai binari via Giolitti, finalmente valorizzata in tutto il suo potenziale.
Metrovia è un’operazione possibile, se portata avanti con convinzione, sulla base di una visione d’insieme e di un percorso a tappe concreto e coerente.
Ci aspettiamo tutto il coraggio che serve. Il vento del cambiamento climatico soffia forte e spinge proprio in questa direzione.