Perché il progetto fa acqua e come correggerlo.
Stiamo assistendo da mesi a un dibattito lunare, sui tram. Che si riversa anche sulla realizzazione della tranvia TVA. Tram sì, tram no. Una contrapposizione ideologica alimentata dalla becera campagna antitram del Messaggero, cui si risponde con una fideistica adesione al tram purchessia, quasi il mezzo avesse un potere taumaturgico a prescindere.
Siamo francamente sbigottiti e anche un po’ stufi di questo scontro svilente, che non va mai al cuore del problema e finirà per non risolvere i trasporti di Roma, che invece hanno un disperato bisogno di risposte nel merito dei progetti, cioè concrete e davvero efficaci.
Il problema, lo diciamo spesso, non è tanto il “cosa”, ma il “come”.
Non basta cioè dire che serve la cura del ferro, se non ci preoccupiamo che venga implementata in modo corretto ed efficace.
Roma è rimasta indietro, sconta la fisiologica carenza di metropolitane, ha un ritardo infrastrutturale enorme. Ma potrebbe recuperare bene, accelerando anche sui benefici che può ricevere, se solo sapesse sfruttare le nuove idee e le nuove tecnologie.
Che sono da un lato le metro ferroviarie (noi le chiamiamo “metrovie”), cioè la possibilità di ricavare linee metropolitane in superficie, utilizzando la rete FS esistente. E dall’altro le tranvie di ultima generazione. Cioè concepite sul modello di quelle realizzate in Francia dopo il 2000 caratterizzate, oltre che da un ottimo comfort acustico e vibrazionale, dalla sede completamente autonoma, quindi priva di interferenze e con la precedenza ai semafori. Caratteristiche essenziali che assicurano fluidità, regolarità e rapidità e che fanno una differenza enorme sull’efficacia e la qualità del servizio offerto.
È questo ciò che il fruitore cerca nel nuovo mezzo pubblico, altrimenti assimilato alla solita alternativa lenta, poco affidabile e quindi non appetibile per chi usa il mezzo privato. Se l’obiettivo è quello di conquistare nuove fette di utenti che oggi si spostano in macchina, occorre un servizio “alla francese”. Altrimenti sprechiamo tempo e denaro, senza ottenere gli effetti sperati.
Queste tranvie però, attenzione, non basta evocarle. Vanno progettate.
E allora domandiamoci: il TVA risponde a questo criterio? No.
A dispetto della vacua retorica che continuiamo a sentire (si straparla di “modello Firenze” del tutto a sproposito), il progetto uscente del TVA è quello di una vecchia tranvia. Ancora in sede promiscua con taxi e autobus, con tratti comuni al traffico auto, alloggiata sulla corsia dove affacciano grandi alberghi di via Nazionale (che prevedono l’area di sosta antistante) e sulle corsie laterali di corso Vittorio, soggette a tutti gli incroci. Così come si prospetta è insomma una linea lenta, esposta a tutte le interferenze e rallentata dalle auto.
Ma non basta. Il progetto manca gli scambi diretti col ferro: le corrispondenze con Metro A a Repubblica, con Metro C a piazza Venezia e con la stazione ferroviaria San Pietro restano tutte ad almeno 100 metri di distanza. E poi c’è l’illogica scansione delle fermate: Einaudi ad appena 250 metri dal capolinea; un buco di 700 metri che salta a pie’ pari l’area commerciale di via Nazionale; il mancato stop all’unico accesso diretto al colonnato di San Pietro…
Stiamo peraltro parlando di una dorsale strategica, perché su quel tracciato correranno, da PUMS, altre quattro tranvie. E questi limiti li faremo pertanto scontare non solo al TVA, ma a un bel pezzo di sistema tranviario, se non si corre ai ripari.
Allora, se vogliamo mettere sul piatto un tema vero, smettiamola di accapigliarci su una questione provinciale e manichea. I tram li usa tutta l’Europa e sono da sempre il mezzo più efficace e conveniente nel medio-lungo periodo. Soprattutto oggi che possono assomigliare, come caratteristiche di andamento, al servizio di una metropolitana. Poniamo piuttosto l’attenzione sul progetto. E pretendiamo che risponda ai requisiti che occorrono alla città del Duemila.
Proprio per evitare di lanciare manifesti di buone intenzioni destinati a sperdersi nel vento, abbiamo voluto mettere nero su bianco una variante progettuale che, oltre a risolvere queste ed altre criticità, dimostra come sia tecnicamente possibile rendere il Sedime tranviario del tracciato TVA interamente separato dal traffico.
L’abbiamo inviata all’amministrazione, affinché si colga l’occasione della stesura definitiva per apportare modifiche sostanziali a un progetto che, così come presentato nel PFTE, fa acqua da tutte le parti.
Ci sarebbe piaciuto che il recente dibattito nel Consiglio speciale tenutosi il 7 dicembre proprio sulla tranvia Termini-Vaticano-Aurelio avesse affrontato il tema del “come”. Ma le forze politiche (nessuna esclusa) lo hanno colpevolmente ignorato.
È un pessimo segnale che non lascia presagire nulla di buono per questa città.
Roma, apri gli occhi! È adesso che si scrive il futuro. E gli errori di oggi, se non corretti per tempo, li sconteremo per tutti i prossimi domani.