Conduciamo da molto tempo una campagna per introdurre a Roma una nuova generazione di tram: regolari, frequenti, veloci.
Una rete secondaria del ferro che intendiamo integrata con quella primaria delle metropolitane esistenti e di quelle realizzabili in superficie, sulle ferrovie urbane. È questa la “rivoluzione del ferro” che abbiamo lanciato per Roma.
La rete tramviaria che vogliamo, però, non è una rete “purchessia, basta che si faccia”.
Progettare un tram veloce e capiente (metrotram) significa anzitutto pensare a un itinerario che abbia un senso e un’efficacia trasportistica. E poi significa pensare a un servizio con caratteristiche ben precise: in sede esclusiva, a priorità di semaforo, con fermate sufficientemente distanziate e con un certo impatto, inevitabile, sull’ambiente urbano. Aspetto quest’ultimo, che può essere variamente modulato e mitigato, senza però sacrificare l’efficacia del rendimento.
Il passaggio di un metrotram potrà dunque essere, a seconda dei casi, occasione di riqualificazione della sede stradale, delle funzioni e del paesaggio urbano. Oppure, viceversa, risultare elemento estraneo al contesto, di disturbo, di ostacolo. È il caso dei centri storici, dove la presenza di questo mezzo non è affatto impossibile (ne esistono molti esempi) ma richiede un minimo di criterio e di sensibilità nello scegliere i percorsi, il tipo di alimentazione, le modalità di inserimento nel contesto urbano.
Chiaro esempio di quanto esposto è la nostra battaglia contro il cosiddetto “tram dei Fori”, il tram previsto dal PUMS come prolungamento dell’attuale linea 8 (capolinea a piazza San Marco): attraversando il lato sud di piazza Venezia, questo nuovo tram si inserisce su via dei Fori Imperiali fino a largo Corrado Ricci, percorre il primo tratto di via Cavour, quindi via Giovanni Lanza per attestarsi a piazza Vittorio Emanuele. E scambiare poi coi mezzi che portano a Termini.
Vogliamo dunque illustrare nello specifico quali sono le motivazioni che spingono a evitare la realizzazione di questa linea, che riteniamo non solo inutile, ma deleteria per la città.
Quadro trasportistico dell’area Termini-Fori-Venezia
Partiamo da questo quadro. Oltre al tram dei Fori (pensato nel PUMS come futuro passante da Casaletto a Prenestina e Tiburtina, ovvero come prosecuzione dell’attuale linea 8 fino a questi due capolinea) la zona tra Termini e piazza Venezia sarà servita dal seguente sistema del ferro:
– Metro C, proveniente da San Giovanni e Pigneto, con fermate a Colosseo-Fori Imperiali e a piazza Venezia, e poi direzione Clodio, passando sotto corso Vittorio Emanuele;
– Metro A nella tratta Termini-piazza Vittorio;
– Metro B nella tratta Termini-Colosseo;
– tram TVA (Termini-Vaticano-Aurelio) nella tratta Termini-via Nazionale-piazza Venezia con direzioni varie da piazza Venezia (corso Vittorio Emanuele-Vaticano-Clodio; corso Vittorio Emanuele-via Gregorio VII-piazza Giureconsulti);
– infine, in prospettiva, Metro D che arriva a piazza Venezia dall’asse Jonio-Salario-Fiume a nord, e da Trastevere a sud dopo aver raccolto le diramazioni di Eur e Corviale.
TVA, serve aiuto? No grazie.
La principale questione animata dall’amministrazione Raggi e dai sostenitori del tram dei Fori riguarda il presunto alleggerimento che quest’ultimo eserciterebbe sulla domanda di trasporto del TVA, che nella tratta Termini-Venezia copre il flusso di autobus più denso d’Europa, con 7 linee concorrenti su via Nazionale.
Occorre anzitutto ricordare che il tram dei Fori (come le altre invarianti inserite nel PUMS) nasce in sostituzione della metropolitana, quando ancora l’intenzione della giunta Raggi era quella di non realizzare la metro D e neppure la fermata Venezia di Metro C, che sarebbe terminata proprio a Colosseo-Fori Imperiali. È in quel contesto che si è pensato ad un tram che mettesse in collegamento i Fori con piazza Venezia su un versante, arrivando fino a piazza Vittorio dall’altro. E tale progetto è rimasto anche con la versione finale del PUMS, finalmente comprensivo delle nuove tratte metropolitane, ma con cui le invarianti sostitutive convivono come doppioni spesso inutili.
L’analisi della domanda di trasporto di Roma Mobilità datata 2017, cioè prima del PUMS, offre una serie di numeri che hanno oggettivamente perso di attendibilità, perché appunto non tengono conto dell’incidenza della Metro C spinta a piazza Venezia, che toglie numeri al carico tranviario sulla tratta Termini-Venezia. Eppure c’è chi prende ancora a riferimento quei dati per giustificare, in modo alquanto astruso, la presunta necessità del tram dei Fori.
Stiamo comunque al gioco e facciamo lo sforzo di ragionare su quelle cifre, dimenticandoci anche che il recente subentro dello smart-working, il progredire dell’e-commerce e la maggiore diffusione della mobilità attiva sono fattori anch’essi incidenti al ribasso su questi dati, e all’epoca del tutto mancanti.
Il flusso previsto da Roma Mobilità per il TVA è di 75.000 persone al giorno, con un picco di 2.400 passeggeri nelle ore di punta e nella direzione più carica.
Per il tram dei Fori calcola invece un picco di 2.100 passeggeri nella tratta piazza Vittorio-Cavour e 1.800 nella tratta Cavour-Venezia.
Le due tratte servono direttrici leggermente diverse, ma ammesso che, rinunciando al tram dei Fori, si voglia grossolanamente sommare tout-court il suo carico più alto sul solo TVA, otteniamo un massimo di 3.900 passeggeri l’ora, un numero comodamente contenibile dagli attuali convogli in circolazione (che trasportano fino a 200 passeggeri), con una frequenza a 3 minuti. Frequenza del tutto gestibile di per sé e ancor più con la regolarità garantita dalla sede esclusiva e dalla priorità semaforica, requisiti ormai indispensabili per assicurare un’adeguata efficacia del servizio.
Dunque non occorre alcuna linea a supporto del TVA.
Senza contare che il tram dei Fori sarebbe assai meno attraente per la tratta Termini-Venezia rispetto all’altro, a causa della rottura di carico a piazza Vittorio.
Aggiungiamo inoltre che mentre il TVA riveste un importante ruolo ecologico, perché toglie tutti gli autobus da via Nazionale, il tram dei Fori anche sotto questo profilo non riveste alcuna utilità: non sostituisce nulla, non esistendo alcuna linea bus tra piazza Vittorio e piazza Venezia.
La riprova che un collegamento tranviario tra piazza Vittorio e Venezia è una sovrabbondanza del tutto evitabile, infine, ce l’abbiamo analizzando tutte le altre possibili opzioni esistenti di collegamento.
Chi proviene da Pigneto e San Giovanni arriva in zona archeologica con la metro C, scendendo indifferentemente a Fori Imperiali o a Venezia. A Termini, invece, con lo scambio Metro A di San Giovanni.
Chi proviene dalle direttrici di Metro B arriva direttamente a Termini, mentre in zona archeologica scende a Colosseo ed eventualmente scambia con MC per arrivare a Venezia.
Chi proviene da piazza Vittorio, ha l’opzione di Metro A per Termini, Metro A e B (arrivo a Colosseo), Metro A e TVA (arrivo a Venezia).
Infine chi viene da Casaletto e Trastevere ha il tram 8 fino a Venezia e poi Metro C per il Colosseo, oppure prosegue col TVA a Termini.
I collegamenti su ferro col cuore di Roma sono dunque assicurati nelle principali direttrici. Ritenere pertanto il tram dei Fori indispensabile per sorreggere il carico del TVA è un evidente pretesto, ripetuto ad oltranza, ma seccamente smentito da numeri e mezzi.
Sulle lunghe distanze prevale la metro.
Come detto, nel PUMS il tram dei Fori è parte integrante della più estesa linea Casalotti-Prenestina/Tiburtina. Una linea tranviaria passante, molto lunga, che non si può immaginare come preferenziale per trapassare la città da un capo all’altro, considerati i tempi di percorrenza su queste grandi distanze. Per siffatti attraversamenti, il tram resta invece un elemento di adduzione e di cucitura per le metropolitane, più rapide e dirette.
Spezzare dunque questo percorso non comporta alcun problema alla rete del ferro, che potrà comunque contare su altre direttrici passanti (il prolungamento del TVA oltre Termini) e sulla combinazione con le tre (domani quattro) metro ipogee. Aggiungiamo noi che questo schema si potrà arricchire di una serie di metropolitane di superficie: le due sulle ex concesse e altre quattro sulla tratta urbana delle ferrovie, compatibili con l’esercizio ferroviario nazionale e regionale (così come previsto dal progetto Metrovia).
L’asse dei Fori: da passaggio a passeggio.
In questo quadro l’asse dei fori si svuota anche dell’ultimo residuo di tram: il segmento da via Labicana a largo Corrado Ricci era già stato eliminato dallo stesso PUMS, infatti la direttrice Colosseo-Venezia è coperta dalle metropolitane.
Per quanto riguarda invece gli autobus che oggi transitano da via Labicana verso piazza Venezia, si potrà decidere se considerarli riassorbiti dalle metropolitane, se deviarne il percorso su itinerari limitrofi o se mantenerne il passaggio, pur in un’ottica di riduzione del servizio su gomma dal centro storico.
Ma ciò che deve emergere, di quest’asse privo di residenze e pregno di storia e di reperti dell’antichità, non è più la funzione di connessione (già venuta meno con la chiusura al traffico auto) ma la vocazione turistica e storico-culturale, che è appunto la sua essenza. La grande strada “dritta come la spada di un legionario”, nata negli anni Trenta per ospitare ingressi trionfali e parate militari e soprattutto tanto larga per assecondare l’avvento dell’automobile, può oggi ridimensionarsi per una fruizione pedonale e ciclabile, a vantaggio di nuovi scavi: da stradone di passaggio a vetrina di passeggio, con una sistemazione definitiva capace di far emergere per intero e valorizzare la conformazione degli antichi Fori Imperiali.
Fermare il pugno e salvare l’occhio.
Appare dunque chiaro come il tram dei Fori non rappresenti solo un intervento superfluo ed evitabile, ma anche un pregiudizio alla possibilità di offrire un valore aggiunto alla fruizione del patrimonio storico e monumentale della città. Che inserisce per contro un’infrastruttura permanente per il transito massivo e impattante della modernità sullo sfondo delle antiche vestigia, alterando in modo sgradevole il panorama archeologico.
A questo si aggiunge l’insensibilità di estendere questo viavai tranviario giusto ai piedi dell’Altare della Patria, luogo simbolo celebrativo dell’unità nazionale, quasi si trattasse di un edificio qualunque. E, come se non bastasse, la trasformazione di piazza Venezia in una rotatoria tranviaria: una sorta di nuova piazza di Porta Maggiore, riproposta nel cuore della città.
Urbanistica e mobilità sono due facce della stessa medaglia. Non possiamo pensare ad una città senza il suo sistema di trasporti. Ma nemmeno possiamo immaginare i trasporti senza uno sguardo alla città che attraversano.
Occorre dunque intervenire con la mobilità dove serve e quando serve davvero. E poi adottare un po’ di riguardo per i luoghi meravigliosi della nostra città.